I buchi neri non funzionano come pensavamo, ed è una scoperta storica

2022-05-27 17:54:37 By : Mr. Adam Gao

Allineandosi alle teorie di Hawkings, gli scienziati hanno capito che i buchi neri esercitano una pressione sullo spazio circostante.

Abbiamo ancora molto da scoprire sui buchi neri, le cui prime teorie dal punto di vista relativistico vennero teorizzate dal fisico Karl Schwarzschild nel 1916, poco dopo la pubblicazione della teoria della relatività generale di Albert Einstein. Non sappiamo neanche, come puntualizza con diabolica efficacia Sciencealert, tutto quello che non sappiamo.

Durante l'esecuzione di equazioni per le correzioni della gravità quantistica per valutare l'entropia di un buco nero, una coppia di fisici ha scoperto che i buchi neri esercitano una pressione sullo spazio circostante. Non molta pressione, a dirla tutta, ma è comunque una scoperta che si allinea in modo piuttosto affascinante alle predizioni di Stephen Hawkings. Quelle sulla possibilità che i buchi neri emettano radiazioni - che, insomma, non siano del tutto "neri" - e che dunque non abbiano solo una temperatura ma si restringono lentamente nel tempo, in assenza di accrescimento.

"La nostra scoperta che i buchi neri di Schwarzschild hanno una pressione e una temperatura è ancora più eccitante dato che è stata una sorpresa totale" ha spiegato il fisico e astronomo Xavier Calmet dell'università del Sussex, nel Regno Unito. "Se si considerano i buchi neri solo all'interno della relatività generale, si può dimostrare che hanno una singolarità nei loro centri in cui le leggi della fisica come li conosciamo devono infrangersi”. Calmet spera che, quando la teoria quantistica dei campi (che si occupa di oggetti di scala estremamente piccola) sarà incorporata a quella della relatività generale avremo nuovi strumenti per descrivere questi corpi celesti dagli intensissimi campi gravitazionali che sembrano non lasciare scampo a (quasi) nulla.

La scoperta, effettuata insieme al fisico e astronomo Folkert Kuipers, è appunto arrivata proprio mentre i due ricercatori dell’ateneo del Sussex erano impegnati in una serie di calcoli utilizzando la teoria quantistica dei campi per provare e meglio chiarire il concetto di orizzonte degli eventi di un buco nero statico, il cui orizzonte degli eventi si trova a una distanza specifica chiamata raggio di Schwarzschild. Si tratta di quella superficie limite che si manifesta nel momento in cui, in un corpo autogravitante, massa ed energia si ritrovano così concentrate che la velocità di fuga finisce per assumere valori pari o addirittura superiori alla velocità della luce. Insomma, l’"uscio di casa" di un buco nero dal quale non si può più fare ritorno. Non a caso la coppia di scienziati era impegnata nel comprendere le fluttuazioni dell’orizzonte degli eventi che ne correggano l’entropia, una misura di progressione dall’ordine al disordine.

Mentre eseguivano questi calcoli, Calmet e Kuipers hanno continuato a imbattersi in una figura aggiuntiva che appariva nelle loro equazioni. Ci è voluto un po’ prima di mettere a fuoco ciò di cui si trattava: la pressione. Un momento “entusiasmante”, quello in cui i due hanno realizzato la presenza di pressione. Non è tuttavia chiaro cosa possa causarla: si è capito che è molto piccola, da esprimersi come -2E-46bar per un buco nero della massa del Sole, rispetto a 1 bar della Terra a livello del mare. Tuttavia la scoperta ci suggerisce come i buchi neri, proprio come immaginava Hawkings - scomparso nel 2018 - si restringe e non cresce. Anche se è complicato capire se e come la pressione negativa sia correlata alla cosiddetta radiazione di Hawking, o anche se i due fenomeni siano in qualche modo correlati.

La singolarità del buco nero è descritta matematicamente come un punto unidimensionale di densità estremamente elevata, un punto nel quale la relatività generale si rompe, ma il campo gravitazionale attorno ad esso può essere descritto solo relativisticamente. Integrare i due ambiti potrebbe anche aiutarci a capire che fine facciano l’energia e le informazioni che scompaiono in un buco nero: per la relatività generale sono andati per sempre, per la meccanica quantistica non dovrebbe essere così, visto che ogni processo in natura deve in qualche modo conservare l’informazione.

"Il nostro lavoro è un passo in questa direzione" ha concluso Calmet, che ha pubblicato i risultati su Physical Review D. "E sebbene la pressione esercitata dal buco nero che stavamo studiando sia minuscola, il fatto che sia presente apre molteplici nuove possibilità, che abbracciano lo studio dell'astrofisica, delle particelle fisica e fisica quantistica".