I rincari energetici rischiano di toglierci anche i colori e i profumi dei fiori. Molte aziende florovivaistiche del Veneto potrebbero infatti interrompere la produzione di piante e fiori il prossimo inverno. Confagricoltura calcola che gli aumenti previsti per la produzione florovivaistica del 2022 possano stimarsi almeno di un + 70% rispetto al 2021, con punte che rischiano di superare il 100%.
“Siamo molto preoccupati. Ci sono aziende che stanno per chiudere e altre che non sanno più come tirare avanti – sottolinea Claudio Previatello (nella foto) presidente nazionale di settore dei Giovani di Confagricoltura e titolare dell’azienda agricola Al Capiteo a Grignano Polesine, in provincia di Rovigo -. Tante imprese sono passate dal gasolio al gas e ora si ritrovano a fare i conti con aumenti esorbitanti e un grande punto interrogativo sull’inverno che avanza. Come faremo a riscaldare le serre per la produzione dei fiori invernali, stelle di Natale in primis? Facendo due conti, non c’è convenienza, a meno che non vendiamo le stelle a 80 euro. Un aumento impossibile da fare, dato che siamo già di fronte a un forte calo dei consumi, dovuto al ridotto potere d’acquisto delle famiglie. Chi comprava dieci vasi oggi ne acquista tre ed è comprensibile: con le difficoltà che stanno vivendo le famiglie si pensa prima a riempire il frigorifero che ad abbellire i balconi. Magari lo fa in primavera con quattro violette, che costano pochissimo. Ma noi con cosa campiamo? Per questo molti florovivaisti stanno riflettendo sull’opportunità di chiudere quest’inverno e non produrre le stelle di Natale, riaprendo in primavera quando le temperature saranno più miti”.
Oltre al rincaro dell’energia elettrica e dei carburanti per i trasporti, pesano anche quelli relativi agli imballaggi: vasi, confezionamento fiori freschi, sacchetti di terriccio, scatole e cassette. “Arriviamo da anni difficili a causa del Covid e adesso quest’altra botta rischia di essere fatale – dice Previatello -. Sugli imballaggi ci sono continui aumenti e tassazioni che non si spiegano, decisi a tavolino con clausole burocratiche”. Anche i cambiamenti climatici, con le temperature roventi d’estate, stanno aggravando la situazione. “La siccità ha danneggiato le coltivazioni autunnali, come il ciclamino e il crisantemo. Abbiamo dovuto raffreddare le serre in maniera anomala per mantenere le temperature abituali, dato che in Polesine siamo arrivati a 46 gradi. Quindi non c’è solo il problema invernale, con le stelle di Natale, che muoiono o vanno in stress senza riscaldamento e illuminazione adeguate. Molte cure e attenzioni sono necessarie anche per le piantine da orto e per la produzione di piante da appartamento e fiori. Se l’andamento sarà questo, non riesco a scorgere un futuro per il settore, anche perché dalla politica non abbiamo risposte, né ristori, se non una generica solidarietà con la quale non mangiamo”.
L’Italia è tra i principali produttori di piante e fiori dell’Ue e vanta una grandissima varietà grazie alle sue caratteristiche territoriali. Il settore florovivaistico, malgrado l’evidente flessione dovuta alla pandemia, rappresenta un valore alla produzione che supera i 2,6 miliardi di euro. Il saldo attivo della bilancia commerciale è di oltre 400 milioni di euro, per un totale di 27mila imprese, che danno lavoro a più di 100mila addetti. In Veneto le aziende florovivaistiche sono circa 1.500, con un fatturato pari a 500 milioni.
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