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By: Laura Miraglia | EURACTIV Italia
15-09-2022 (aggiornato: 16-09-2022 )
Un antico albero di ulivo in un uliveto del villaggio arabo di Deir Hanna, nella regione della Galilea, Israele, 08 novembre 2020 [EPA-EFE/ABIR SULTAN]
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La “Xylella fastidiosa”, batterio che vive e si riproduce all’interno dell’apparato conduttore della linfa delle piante, è arrivato in Italia nel 2008 e si sta diffondendo in tutta Europa. A dimostrarlo sono degli studi scientifici, come quello condotto dall’Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare) o quello realizzato dalla Microbiology Society (la più grande società microbiologica in Europa).
A spiegare a Euractiv Italia di cosa si tratta nello specifico è Daniele Arcuri, agronomo libero professionista: «Questo batterio è originario dell’America Centrale, esattamente della Costa Rica, e presenta diverse sottospecie che possono colpire differenti tipologie di piante. Una di queste, provoca per esempio la malattia di Pierce, che colpisce le viti, ma ce ne sono tante altre che colpiscono altre piante come oleandri o agrumi».
Secondo alcune ricerche condotte da scienziati in diversi Paesi quali Italia, Francia o Stati Uniti, prima del 2008 nessuno aveva mai sentito parlare di attacchi di Xylella in Europa. I primi si sono succeduti proprio nella penisola italiana e in particolare nel Salento, attaccando gli ulivi nella regione meridionale della Puglia.
Daniele, nato a Erba ma che da più di 10 anni vive a Ugento, in provincia di Lecce, sottolinea come il batterio, in base gli studi che sono stati fatti, «si sia manifestato per la prima volta nel comune di Taviano, e sia stato riconosciuto e isolato nel 2013 come responsabile del disseccamento rapido dell’olivo».
Il Parlamento europeo ha votato per estendere i prodotti agricoli coperti dalla nuova legge contro le importazioni legate alla deforestazione, al mais, al pollame e alla carne di maiale, in una mossa sostenuta dagli attivisti ma criticata dai rappresentanti dell’industria.
Xylella infatti, muovendosi sia verso l’alto che verso il basso, ostruisce i vasi che trasportano la linfa grezza dalle radici alle foglie, creando delle vere e proprie colonie e causando nel giro di poco tempo la morte completa della pianta. Parliamo di un batterio considerato uno dei più pericolosi che esista, in grado di infettare oltre 500 specie vegetali in tutto il mondo. Anche uno studio Efsa ha dimostrato come gli olivi siano tra i più colpiti in Europa, soprattutto quelli di età superiore a 30 anni, insieme al mirto, al mandorlo e agli agrumi.
La Xyella prospera principalmente nelle regioni temperate calde e in quelle sub-tropicali. La rapida crescita dell’agente patogeno è infatti favorita da temperature primaverili ed estive tipiche del clima mediterraneo, ed è per questo che, in Europa, è più facile che si diffonda nelle regioni costiere meridionali.
Dopo l’Italia, infatti, altri casi sono stati individuati in Francia e Corsica, nel 2015, nelle Baleari e in gran parte della Spagna l’anno successivo, e anche in Portogallo nel 2019, nel distretto di Porto. La diffusione avviene tramite vettore, ovvero attraverso un mezzo biologico che permette al batterio di passare da una pianta all’altra.
Attualmente, è stato anche individuato un focolaio in Libano e in Israele, nella valle di Hula, dove sono presenti diversi vivai di mandorle. «Ma questi casi – afferma Daniele – non fanno riferimento al ceppo di Xylella salentina, ma ad altri tipi di ceppi».
«Non c’è ancora una vera e propria cura per ovviare al problema. Si stanno tentando diverse strategie – aggiunge – con innesti e prodotti chimici e non, ma finora nessuno ha dato soluzioni definitive.
«Si sta anche provando l’abbattimento controllato dei vegetali colpiti e – continua – il cosiddetto “miglioramento genetico”, che consiste nel selezionare varietà di piante che siano geneticamente tolleranti alla presenza del batterio. Per ora la scienza ne ha individuate solo due: il Leccino, originario di Pistoia, e la Favolosa FS-17, che è quella che ha mostrato una tolleranza maggiore».
Le conseguenze di questa malattia creano danni al clima e alla biodiversità. «La sostituzione di una pianta sana con una disseccata – conclude l’agronomo – è un procedimento che sta andando a rilento e che causa un generale aumento dell’escursione termica. Da parte delle istituzioni ci sono stati dei finanziamenti, sia nazionali che regionali, sull’espianto di vecchie piante e sul rimpianto di nuovi alberi, ma la speranza è che questo meccanismo con il tempo si possa velocizzare».
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