MEGADETH - 30 anni di 'Countdown To Extiction' - Forte e orgoglioso

2022-07-22 17:40:05 By : Mr. Wenliang Shao

Prima di nascere, forse ha rubato il fuoco al diavolo. E la credenza antica “capelli rossi, testa matta”, trova un sorprendente riscontro pensando a Dave Mustaine. Quante ne ha passate per colpa di quella capigliatura luccicante del color del sole e il corpo magro, veniva bullizzato puntualmente dai suoi compagni di scuola tanto da portarlo ad imparar bene l’arte della difesa a suon di botte. Un’infanzia ed una adolescenza travagliate, e la musica a far da ancora di salvezza. Scoprire poi di avere un talento e sfogare tutta la sua disperazione lì dentro, ha tracciato nella vita di Dave un percorso incredibile dove la rabbia, il disagio, il sentirsi fuori posto, son riusciti a fare da scintilla per far partire a tutta velocità il motore della sua anima, posseduta diabolicamente da un furioso desiderio di riscatto, di far parte di qualcosa di maestoso. Un’abilità straordinaria la sua a suonar la chitarra, nonostante la sorella Debbie gli avesse spaccato in testa all’età di otto anni il suo primo strumento. Una passione per Cat Stevens poi evoluta durante il liceo in sonorità più pesanti, dove lo spirito ribelle, la foga di sputare fuori tutta la vita repressa, riuscivano a prendere il giusto respiro. E via i Beatles, i Led Zeppelin, gli amati Budgie, per arrivare a scoprire gli Iron Maiden fino alla folgorazione per gli AC/DC. Loro si che erano riusciti a cambiargli la vita! Perché cosa definiva esattamente il metal se non suonare sempre più veloce, darsi come scopo ultimo l’andare oltre tutto e tutti così da ottenere una sorta di rivincita. Dave voleva annientare qualsiasi cosa avesse digerito ed ascoltato, voleva oltrepassare quella linea opprimente che lo soffocava, per finalmente sentirsi considerato e, perché no, ammirato e amato. Gli riusciva benissimo rendersi insopportabile, acido, crudele col suo carattere imprevedibile, ostile, come a difendersi sempre da qualche nemico. Le ‘bad company’ poi, quando si hanno sentimenti così bellicosi e l’impulso irrefrenabile di spaccare e conquistare il mondo, diventano quasi una sorta di famiglia comprensiva e accogliente. La droga, la peggiore in circolazione, una sorta di medicina da assumere come quando si è ammalati, con l’illusione di curarsi l’abisso dentro, il cuore ferito e salvarsi l’anima. E siccome niente accade per caso ed ogni singola cosa capiti sulla nostra strada è lì per insegnarci a diventare più forti, più adulti, quell’annuncio pubblicato da Lars Ulrich in cerca di un musicista capace di far la differenza, Dave Mustaine lo aveva divorato e ci si era immerso con eccitazione, inconsapevole di quel che stava per accadergli. Il resto è storia: i Metallica che prima lo abbracciano e poi lo allontanano, esausti dei suoi modi inaffidabili e della sua attitudine pericolosa, due concerti in archivio, canzoni saccheggiate e quella febbre distruttiva che torna a possedere Dave, diventa per lui come l’acqua nel deserto. Un marchio indelebile, una saga infinita la guerra dichiarata a quella band che come un demone gli aveva rubato l’arte e l’anima, per poi buttarla via. Diceva “ad attraversare il fuoco si diventa più forti“, e Dave lo ha attraversato quel fuoco innumerevoli volte. Serve uscire da quella gabbia che David Scott Mustaine per primo, la stampa e le varie label a seguire, avevano costruito intorno ai Megadeth, come fossero una sorta di brutta copia dei Metallica, la nemesi per eccellenza. Certo aprire l’autobiografia con la frase “James Hetfield, che era uno dei miei migliori amici, vicino come fosse un fratello…” è una dichiarazione di affetto incondizionato e plateale, efficace per sotterrare definitivamente le ostilità leggendarie tra James e Dave, diatribe con Ulrich a parte…Notizie che, a prescindere, dovrebbero smetter di far cronaca spiccia (Mustaine. A Life In Metal – Harper, 2011)! Basta così. I Megadeth nascevano e mettevano si radici nei sentimenti più nefasti, ma occorreva dare una identità libera, autonoma, originale ad una band che, nel bene e nel male, era stata capace di creare uno stile unico grazie ad un frontman inimitabile, e diventava urgente spogliarsi da quel pregiudizio così pesante che Dave si teneva appiccicato addosso come una maledizione. Occorre abituarsi alla voce di Dave, il primo impatto è ruvido e tagliente. Si è sempre ritenuto un pessimo cantate, a suo stesso dire, ha sempre sostenuto di non esser capace ad usare la voce e i tentativi di metter dietro al microfono altri più dotati di lui ci son stati, ma la storia poi ha fatto il suo corso, rivelando la personalità di Dave come fosse un vaso di Pandora. Un genio, un rivoluzionario, capace di comporre strutture musicali talmente complesse e sofisticate da essere così difficile trovare persone in grado di interpretarle da farle apparire spesso fine a se stesse. Il suo compagno di viaggio più fidato, Dave Ellefson, soprannominato ‘Dave Junior’ ad enfatizzare una sorta di alter ego di Mustaine dal carattere mansueto e conciliante, come nessun altro è riuscito a stargli accanto, fino alla recente rottura, troppe volte annunciata. In estrema sintesi, agli esordi i Megadeth non erano altro che una banda di tossicomani, come tante altre ne fiorivano durante gli anni ottanta, inesperta di music business, completamente in balia di personaggi e situazioni fantascientifiche che solo per il fatto non abbiano incontrato presto la morte, possiamo con certezza definirli dei miracolati. Un panorama selvatico attorno, dove la spontaneità e l’inconsapevolezza di quel si stava compiendo era all’ordine del giorno, ed è quasi commovente oggi pensare allo stato d’animo di quei ragazzi esplosivi e irresponsabili. “Ho speso 500 dollari al giorno in cocaina e eroina. Ogni singolo giorno. I miei stavano guardando un uomo diventare un guscio vuoto”. Lo ha raccontato diffusamente Mustaine, e ne parla nel dettaglio il giornalista Martin Popoff nel suo libro ‘Megadeth. So Far, So Good…gli anni d’oro‘ (Tsunami Edizioni). Nel 1992 Dave “Senior”, o meglio MegaDave riesce a dar vita ad uno dei più clamorosi dischi metal in un contesto storico e musicale assurdo:  ‘Countdown To Extinction‘, la sua quinta release. Era cominciato un vero conto alla rovescia verso l’estinzione di un genere a causa del trionfo depressivo del grunge con i Nirvana che nel 1991 fecero uscire l’incredibile ‘Nevermind‘. Serviva reagire! Non era pensabile che di solo grunge si dipingesse la scena metal degli anni novanta. I Judas Priest davano il benvenuto alla nuova decade col potentissimo ‘Painkiller‘, non furono da meno i pionieri Pantera con l’impetuoso sound di ‘Cowboys From Hell‘, ed eccoli lì i Metallica con il ‘Black Album‘, coerentemente tinto di nero a fare quasi metafora al moribondo thrash, come a celebrarne il lutto. Con la smania di cavalcare l’onda più alta, con il solito ardore che l’adrenalina della rincorsa nel vuoto sa dare, Mustaine supportato dai talenti caleidoscopici del socio devoto David Ellefson al basso, Marty Friedman alla chitarra e Nick Menza alla batteria, si erge mastermind di una incredibilmente consolidata line-up, espressione altissima di tecnica, eleganza e creatività espressiva capace di fluire tra sonorità jazz, prog, blues, rock e arruola in qualità di co-produttore Max Norman, noto per le sue collaborazioni con Ozzy Osbourne. Le registrazioni prendono forma negli studi Enterprise di Burbank nel gennaio 1992, nel periodo in cui a Los Angeles le rivolte erano all’ordine del giorno a causa di un manipolo di agenti che erano stati ripresi da un videoamatore mentre pestavano a morte il tassista di colore Rodney King. Regnava il coprifuoco, e la possibilità di lavorare al disco erano ridotte dalle 10.00 alle 18.00. Mustaine abitava a pochi isolati dagli studi, era appena diventato padre, e la paura di muoversi per la città, dove addirittura erano schierati i carrarmati, creava una tensione micidiale: “Nick Menza e David Ellefson avevano entrambi le pistole in macchina. Ho detto: ‘Stai commettendo un enorme errore, lì vieni fermato per qualsiasi motivo da poliziotti o civili, e loro trovano quelle pistole lì dentro… beh, non c’è niente di più sbagliato che essere colpito con la tua stessa pistola”. Quasi un paradosso ‘Countdown To Extinction‘ perché se da una parte per i Megadeth segna un punto di svolta, una resurrezione vera e propria, essendosi ripuliti dalla droga e conquistando una sicurezza, un equilibrio e una lucidità esemplari, dall’altra il clima di rivolta che si viveva in quel periodo delineava i sentimenti cupi e le tematiche apocalittiche di un disco incentrato principalmente sulla drammatica decadenza sociale e politica. Racconta Ellefson nel libro di Popoff:  “Abbiamo iniziato a comporre Countdow mentre eravamo in tour per il Clash of Titans. Ci è sembrato fosse la fine di un era e l’alba di una nuova che abbiamo contribuito a creare. Abbiamo deciso coscientemente di portare le canzoni verso una nuova direzione e di sfruttare al meglio le nostre qualità come le ritmiche, le melodie e la struttura dei brani“. E prosegue Mustaine: “Era un’epoca diversa rispetto agli anni 80 in cui potevi fare quello che volevi. Negli anni 90 invece è nata la polizia della sobrietà! I gruppi ti denunciavano e se venivi beccato a bere o fare casino venivi etichettato e messo da parte come il cattivo...”. La precisione quasi ossessiva, la ricerca delle melodie, di una musicalità più equilibrata, spogliata dalla frenesia di rincorrere l’estremo, le pause che lasciano spazio, i tempi che rallentano per sublimare gli impulsi più istintivi del thrash, il cameratismo  a creare un’atmosfera divertente, complice, dove nessuno era il capo ma ogni membro della band esprimeva il suo sentire in equilibrio: questa era l’essenza che attraversava tutte le canzoni di ‘Countdown To Extinction’, e il filo rosso che lo rendeva coerente al precedente album, rimaneva legato alle liriche impegnate, dove le tematiche di condanna a sfondo sociale, politico, ambientale, oltre a quelle più introspettive riguardo le dipendenze, facevano da protagonista. Un clamoroso successo commerciale inaspettato: debuttando al numero 2 delle classifiche, riuscì a conquistare il doppio disco di platino negli Stati Uniti.

Pause e spazi dilatati, la semplicità, queste le caratteristiche strutturali che si trovano in tutto l’album, e l’apertura con ‘Skin On My Teeth’ è emblematica. Uscito come terzo singolo del disco, i suoi riff secchi, serrati, mai finalizzati alla velocità, sono paradigma del cambiamento compositivo che la band aveva intrapreso. Accordi discendenti, il ritornello ficcante, l’equilibrio, la precisione e Mustaine che interpreta la parte del narratore di una storia che sa di morte, riescono a dare una enfasi crudele al pathos. Giusto per un pelo, una impercettibile possibilità, sottile quanto uno strato di pelle sui denti, si riesce a vedere la luce della salvezza. Un desiderio di farla finita insomma non troppo efficace che sa di macabra ironia.

‘Symphony Of Destruction‘ considerato il singolo traino, il masterpiece, divertente da eseguire dal vivo, si svolge su un prepotente groove in stile AC/DC e ricorda sfacciatamente ‘Peace Sells‘, proponendo uno schema compositivo facile da individuare poi in tanti altri brani. Composta da Mustaine in un paio di giorni tra un tiro a canestro e l’altro, di una semplicità disarmante ed impreziosita da una linea di basso ascendente, è riuscita a creare un alone di magia intorno alla band, capace quasi di percepire in quel periodo prolifico, le giuste vibrazioni fin dalle prime improvvisazioni. Il testo riguarda un assassinio a sfondo politico, venne scritto di getto su uno scontrino dopo un pasto a base di sushi. L’apertura, centrata sulle accordature di un’orchestra intenta a prepararsi ad un concerto, deflagra poi nel main riff, basilare quanto il drumming di Menza, a svolgersi su una trama intessuta intorno al duello tra basso e chitarre. Memorabile l’assolo di chitarra di Friedman, di gusto classicheggiante, che arricchisce il crescendo interpretativo alla perfezione, come una vera e propria sinfonia. La storia, raccontata dalla voce acida e minacciosa di Mustaine, ha come protagonista un fiabesco e diabolico pifferaio che attrae verso l’inferno le sue “marionette” facendole danzare fino all’abisso, metafora del popolo americano incantato da tante falsità, inconsapevolmente intento a compiere un suicidio di massa.

‘Architecture Of Aggression’, una delle tracce più silenti, fosca e oscura, trae spunto dalla Desert Storm in Iraq e da un libro dal titolo omonimo dedicato agli stermini nazisti. Sulla linea di ‘Rust In Peace‘, le sonorità ne riprendono i riff e le ritmiche. Il basso di Ellefson si fa chitarra sottolinea bene tutto il brano che si compone di alternanze tra strofe solide e riff più complessi che fluiscono ancora una volta con semplicità. Mustaine qui interpreta il ruolo di un assassino che sa bene muoversi nell’ombra, ricalcando la tematica di ‘Killing Is My Business...’

La delicatezza di ‘Foreclousure Of A Dream’ si rivela nel virtuoso arpeggio creando respiro nella tracklist, concedendo all’ascolto raffinatezza grazie alla pregevole melodia, al tocco elegante e preciso e alla batteria di Menza che si fa quasi da parte indietreggiando il suono in principio, per poi sfogare in un crescendo impetuoso che trionfa sul ritornello, unica parte in cui si eleva la potenza. L’arrangiamento equilibrato, l’assolo di Friedman rendono la canzone un gioiello, mentre la lirica si articola sulla terribile esperienza vissuta dalla famiglia di Ellefson a cui era stata pignorata la fattoria. La recessione causata dal governo Regan e Bush Senior, il sogno americano che diventa un vero incubo, è sempre stato un filo conduttore nella musica hardcore degli anni ottanta e i Megadeth ne hanno tratto originale ispirazione.

Un mash up tra ‘No More Mr. Nice Guy‘ di Alice Cooper e ‘Peace Sell’ guidato da un ritmo swing il brano ‘Sweating Bullets‘. Già dalle prime battute “Hello me, meet the real me“, si comprende che tutta la canzone si svolga intorno alla follia. Che sia Dave quello schizofrenico o un amico suo, poco importa, resta il fatto che si parla nuovamente di tentativi di suicidio, quasi come fosse un capitolo a seguire di un romanzo autobiografico dove l’introspezione, il parlare con se stessi possa alla fine redimere. Persino Dimebag Darrel trasse ispirazione dal testo, e se ne fece tatuare una parte precisamente ‘black-tooth grin’, nome che venne affibbiato al popolare drink amato dal chitarrista dei Pantera: un doppio shot di Seagram’s 7 e un doppio shot di Crown Royal con una spruzzata di Coca-Cola. Le strofe eseguite da Mustaine, composte da tre accordi, qui si fanno coerentemente schizofreniche, definite da stacchi accentati, dai colpi netti della batteria, e il ritornello a farsi nefasto e perforante con la voce satanica di MegaDave a irritare anche gli spiriti più quieti. Ottimo l’assolo di Friedman che riesce a creare come un dipinto l’effetto vertiginoso della perdizione dentro il labirinto della psiche.

Con ‘This Was My Life‘ il viaggio dentro MegaDave prosegue, ma prende la direzione del cuore, del sentimentalismo, nel ricordo di una intensa relazione durata sei anni che lo ha portato alla depressione. La prima canzone dell’album ad essere completata, ritrova spazi e pause in una struttura ritmica limpida e sulla melodia orecchiabile che rimanda alle più tradizionali sonorità del thrash metal. Friedman e Mustaine riescono a raggiungere un livello alchemico impressionante: accompagnamento e fraseggi scuotono con intensità il sentimento. Mustaine si fa ancora narratore protagonista delle sue liriche che  si travestono da auto-analisi per definire quel che ha fallito e  come poter guarire dalle ferite inflitte e subite.

La title track è un autentico manifesto della trasformazione sia esistenziale che professionale che ha sperimentato la band. ‘Countdown To Extinction‘ diventa una della canzoni più paradigmatiche del disco: Menza si fa da autore del concetto fondante della lirica nonché del titolo dell’album, e la malinconia che penetra si veste di un heavy metal ispirato ai Judas Priest, merito degli assoli gemelli e del groove potentemente metal, esaltato da un testo accorato e disperato in difesa dei diritti animali. Dave Senior cede le vesti da protagonista a Dave Junior il quale si esprime con fraseggi preziosi da solista. Un mid tempo si apre con il ritornello e le chitarre accendono un pathos epico, foriero di  una catastrofe ineluttabile annunciata dalla pronuncia del titolo a chiare lettere. La prepotenza dell’essere umano nei confronti delle bestie risalta fortemente come un dramma ad esprimere la massima condanna verso un comportamento irresponsabile che non porta altro che all’estinzione della vita stessa.

‘High Speed Dirt‘ è una dedica al paracadutismo, un vero e proprio antidoto ad alcol e droghe. Il main riff eseguito  da Mustaine trascina Friedman, Ellefson e Menza per esplodere poi con una potenza devastante. Menza non da pause e il mid tempo tra una strofa e l’altra riesce a creare un dinamismo sorprendente. Non lascia un gran segno questo brano, ma l’equilibrio della composizione e il groove tradizionale che rassicura, riesce a scuotere l’adrenalina come si fosse sul dannato aereo da cui la band si lancia.

In ‘Psychotron’  la partenza è fulminea, ritmata, dalla personalità mainstream, strutturalmente simile a ‘Peace Sell‘. Il guitar work è protagonista indiscusso esaltato dalla linea melodica e vocale. Quattro minuti intensi, dal pathos aggressivo, ispirati sia al personaggio dei fumetti “Deathlok”, il demolitore, un cyborg in cerca di spietata giustizia contro il male, che a fatti di cronaca letti sui giornali in cui i russi sembrava fossero alle prese con una macchina infernale di nome “lida” studiata per far lavaggi al cervello. Non si punta sulla velocità, ma sulla precisione.

Si apre con un melodioso arpeggio di chitarra ‘Captive Honour‘, sembra una fluttuante ballad dalle atmosfere blues e doom per una cinquantina di secondi. Un preludio a quel che sarà la potenza dinamica che caratterizza un racconto articolato: esperienze di violenza e pestaggi vengono suddivise da cambi di groove ben definiti e suddivisi nettamente in quattro parti tra le quali si incastonano fraseggi di chitarra taglienti e gli assoli poetici in stile classicheggiante di Friedman. Una canzone di Dave “Junior” dove Mustaine è nuovamente il narratore a dialogare però con i suoi compagni di viaggio nelle parti di un fantasioso giudice che esprime sentenze di vita sulle preghiere disperate dei prigionieri.

Chiude l’album ‘Ashes In Your Mouth‘ , una storia di guerra dalle sonorità progressive e dall’intenso pathos. Una interpretazione virtuosa quella di entrambi i Dave, che si superano nella creatività compositiva sia sulle armonie che le ritmiche. La voce di Dave risuona su una timbrica più bassa, e le pause, i ritmi dispari, la melodia rimandano ad una complessità strutturale geniale, innovativa. Il thrash è un vago ricordo qui, addirittura vengono alla mente con l’ascolto i Rush, se non fosse per la rabbia gutturale di Mustaine e la cavalcata centrale di Menza che accelerano per esplodere sugli assoli e i fraseggi delle chitarre, del basso e persino della stessa batteria. Un tripudio che rende la conclusione del disco trionfale.

Tracklist: 01. Skin O’ My Teeth 02. Symphony Of Destruction 03. Architecture Of Aggression 04. Foreclosure Of A Dream 05. Sweating Bullets 06. This Was My Life 07. Countdown To Extinction 08. High Speed Dirt 09. Psychotron 10. Captive Honour 11. Ashes In Your Mouth

Line-Up: Dave Mustaine – voce, chitarra Marty Friedman – chitarra Dave Ellefson – basso Nick Menza – batteria

- Recensioni, interviste La passione per la Musica rock fin da bambina, in casa si suonavano sempre il Piano la chitarra il violino e i vinili di Hendrix a tutto volume. Ho studiato e suonato la batteria, la chitarra, ma di talento non ne ho mai avuto. Meglio l’ascolto…Milanese di nascita, son cresciuta tra il Transex, Zabrinski Point e Mariposa. I primi concerti li ho visti negli anni 80 quando ancora avevo 14 anni, nella Milano del Palatenda poi Palatrussardi, il Leoncavallo il Sorpasso e mi hanno sempre accompagnata per mano Ronnie James Dio, Ozzy Osbourne, gli Iron Maiden, trascinata poi dall’adrenalina dell’Heavy Metal Più puro della storia. Amo su tutto la NWOBHM, il thrash, l’hard rock. Sono una collezionista compulsiva di vinili e CD. Una vita trascorsa a far la crew agli Extrema fin da 'Tension At The Seams'. Nella vita lavoro per la Televisione e respiro grazie alla Musica.