Crisi che si sovrappongono a crisi preesistenti in tutto il mondo, con ancora tante emergenze alimentari da risolvere, dallo Yemen, all’Afghanistan, al Sud Sudan, fino ad Haiti. La guerra in Ucraina a sconvolgere il panorama internazionale e soluzioni da trovare in fretta per sostituire il grano non piantato nel paniere del mondo e per fronteggiare il rincaro dei prezzi dei fertilizzanti. «Ma il nostro fronte d’azione non può essere emergenziale», spiega Maurizio Martina, ex ministro dell’Agricoltura e vicedirettore generale Fao. «Il nostro vero obiettivo è lavorare nel medio-lungo periodo per inserire nei diversi sistemi agricoli quelle innovazioni organizzative e tecnologiche utili a rafforzare il ruolo di agricoltori e lavoratori».
Sensori nei campi che “parlano” con gli smartphone, celle frigorifere naturali scavate nelle montagne del Trentino, diagnostica a partire dai semi. Ne abbiamo parlato con gli esperti in diretta dalla Sala Buzzati del Corriere della Sera
Così l’innovazione e la sostenibilità in agricoltura vanno di pari passo. In Trentino, ad esempio, le mele si conservano nelle cave scavate nelle Dolomiti per estrarne la roccia. Melinda ha fatto da apripista, coniugando il non consumo di suolo e la tutela del paesaggio con un notevole risparmio in termini di energia. Dei 2miliardi di mele (400 milioni di tonnellate) prodotti ogni anno dai 4mila soci della Val di Non e della Val di Sole, 3omila sono conservate oggi nella miniera di Rio Maggiore, all’interno delle cavità realizzate dall’attività estrattiva della roccia Dolomia, il primo impianto al mondo per la frigo-conservazione di frutta in ambiente ipogeo (cioè sottoterra) e in condizioni di atmosfera controllata, a una temperatura costante in tutte le stagioni. Un vero frigorifero naturale nascosto dentro le Dolomiti che mantiene intatta la qualità delle mele Melinda. «Le cavità profonde e lo spessore delle montagne fanno da isolante naturale, conservando la temperatura interna a 12gradi», spiega Fabrizio Conforti, Responsabile dello stabilimento Melinda Alta Val di Non . «Così facendo, si riduce l’intervento per mantenere fresco l’ambiente, risparmiando in materiali e in energia. Il primo esperimento è stato condotto con 10mila mele, gli studi oggi ci dimostrano che con questo sistema possiamo risparmiare fino al 60 per cento di energia. E contiamo di aumentare il numero delle mele conservate con questo sistema».
Per arrivare a questi risultati servono ricerca e incentivi. L’agricoltura 4.0, (che non è solo un modo di dire, ma vede l’applicazione delle tecnologie 4.0 nel campo) sfrutta la tecnologia per estrarre dati e applicare le nozioni apprese sulla terra, valorizzandola al massimo, per tutta la filiera. «Parliamo di droni, ma anche di sensori in grado di raccogliere informazioni sul clima, sull’umidità, sul terreno», spiega Chiara Corbo, direttrice dell’Osservatorio smart AgriFood del Politecnico di Milano e Università degli Studi di Brescia . «Strumenti che consentono di migliorare le rese anche di sostenibilità, per esempio di irrigare solo quando è strettamente necessario. Se nel 2017 i fondi finalizzati al 4.0 in agricoltura erano 100milioni di euro, oggi sono passati a 1,6 miliardi. «Il fatto che questa crescita sia stata conseguita soprattutto nella seconda metà dello scorso anno ci fa caprie quanto gli agricoltori siano consapevoli dei benefici dell’innovazione», aggiunge Corbo. «Misurare quello che sta succedendo nel campo è il primo passo per fare dei veri cambiamenti», spiega Nicolò Barbano, Head of Marketing di xFarm Technologies , start-up che si occupa di sviluppare e implementare soluzioni tecnologiche per la digitalizzazione dei processi del settore agroalimentare. «Ma non bisogna tralasciare il fattore umano. Ci occupiamo anche di formazione e supporto emotivo e personale».
Prevenzione per la salute delle piante
La parola chiave diventa “prevenzione”: così Elaisian grazie alla tecnologia riesce a prevenire le malattie di olivo, vite, mandorle salvando la produzione. «Raccogliamo i dati e li analizziamo, unendoli agli studi agronomici», spiega Giovanni Di Mambro Co-founder di Elaisian , start-up innovativa attiva in tutta Europa. «Così facendo possiamo anticipare la presenza delle malattie, avvisando per tempo l’agricoltore e fornendogli tutte le informazioni relative alle azioni necessarie». Ma ancora una volta, la tecnologia da sola non basta, soprattutto quando si parla di agricoltura. «La tecnologia viene in aiuto, ma non bisogna dimenticare di metterci la faccia, di conoscere gli agricoltori con cui lavoriamo per instaurare quella fiducia che serve anche alla tecnologia per essere impiegata nel modo corretto». E si può agire d’anticipo sui problemi dei raccolti fin dai semi, come spiega Maria Lodovica Gullino, direttore di Agroinnova e vicerettore Università di Torino : «Come fitopatologo posso dire che le sfide principali sono quelle presentate dai cambiamenti climatici che stanno cambiando totalmente il benessere delle piante. Ma anche i nuovi parassiti, che si muovono senza frontiere. A volte basta un seme infetto su 10mila per rovinare una coltura, ma oggi possiamo intervenire risanando il materiale vegetale con materiali innovativi che ad esempio sfruttano il calore, perchè un seme rovinato non è per forza da buttare. Le minacce sono continue, ma la diagnostica è molto avanzata».
Ma l’innovazione che arriva nel campo non è solo frutto della tecnologia. Spesso per innovare si torna al passato, riscoprendo delle pratiche che permettono di salvaguardare la biodiversità o di ottenere un prodotto migliore grazie all’azione di microorganismi. Come nel caso dell’agricoltura simbiotica, che grazie all’utilizzo dei funghi micorritici riesce a migliorare la salute del suolo e quella di chi si nutre dei suoi frutti. «Fa bene al nostro intestino, che è il nostro secondo cervello», spiega Sergio Capaldo, veterinario presidente La Granda e amministratore unico Ecosì . «Le micorrizze e i batteri amici vivono in simbiosi con le radici delle verdure e con i prodotti della terra. In questo modo non avremo bisogno di fertilizzanti, e i benefici si vedono nella salute del terreno, degli animali e di noi umani». Ripesca nel ritorno alla semplicità anche Pastalive, che impiega un tipo di aratura superficiale, per non intaccare la biodiversità e la salute del suolo. «L’aratura per la nostra pasta non va in profondità», spiega Lino Falcone Biologo granocultore, idea e sviluppo di Pastalive , «è quello che facevano i nonni dei nostri nonni. Oggi ci sono delle attrezzature che ci permettono di seminare togliendo le erbe infestanti e ammorbidire la terra senza stravolgerla». Ma anche in vigna la tecnologia si unisce all’esperienza di generazioni di viticoltori. «Ho il mio smartphone in tasca e posso controllare in tempo reale se il clima è adatto, se ci sono stati attacchi di parassiti», racconta Alfio Cavallotto, Co-titolare della Tenuta Cavallotto, che incoraggia l’utilizzo di tecnologia in vigna, coltivata in modo naturale e sostenibile. «Non è solo una questione di risparmio di tempo e di denaro, ma di necessità».